Indice glicemico, carico glicemico e indice insulinico: cosa sono?
Il diabete mellito di tipo 2 è una patologia multifattoriale del metabolismo causata da un aumento patologico della concentrazione di glucosio nel sangue, ipernutrizione e stile di vita sedentario e caratterizzata da insulino-resistenza che rappresenta l’incapacità fisiologica di rispondere all’insulina determinando un mancato utilizzo degli zuccheri circolanti che porta a uno stato di iperglicemia.
Chi soffre di diabete mellito di tipo II deve imparare a familiarizzare con 3 parametri fondamentali: l’indice glicemico, il carico glicemico e l’indice insulinico. Di cosa si tratta? Vediamoli insieme.
Indice glicemico (IG)
L’indice glicemico è un parametro che riflette la capacità e la velocità di un alimento di aumentare la glicemia. Per calcolare l’indice glicemico di un alimento si paragona il suo effetto sui livelli di glucosio nel sangue rispetto a un cibo di riferimento, lo zucchero o il pane bianco che hanno un IG uguale a 100.
Il test viene fatto facendo assumere a persone sane un determinato alimento, in una quantità standard di carboidrati, 50g. A questo punto vengono effettuati dei prelievi di sangue ogni due ore per valutare la glicemia (il livello di zuccheri ematici).
I risultati ottenuti vengono paragonati a quelli raccolti facendo ingerire alla stessa persona 50g di glucosio. L’indice glicemico varia quindi a seconda dell’alimento preso in considerazione, perché cambia la velocità con cui gli alimenti vengono digeriti e assimilati.
L’indice glicemico viene espresso da un punteggio compreso tra 0 e 100, in grado di differenziare gli zuccheri digeriti, assorbiti o metabolizzati velocemente (ad alto IG) da quelli digeriti, assorbiti o metabolizzati lentamente (a basso IG).
ALTO IG (> 70): glucosio, pane bianco, patate, miele, cornflakes, uva, banane, carote, riso, gallette di riso, dolci
MODERATO IG (50-70): pane integrale, pasta (soprattutto spaghetti), mais, arance, cereali integrali per la prima colazione, riso integrale
BASSO IG (< 50): yogurt, legumi, mele, pesche, fagioli, noci, riso basmati o parboiled, latte, orzo, farro, miglio, avena.
Quali sono i benefici di una dieta a basso indice glicemico?
- Miglioramento del profilo glicemico nei soggetti diabetici, nei prediabetici (insulinoresistenti e/o obesi) e nel diabete gestazionale;
- Riduzione del rischio di diabete tipo 2 e di malattie cardiovascolari, soprattutto negli individui in sovrappeso e con stili di vita sedentari;
- Riequilibrio della colesterolemia e di altri fattori di rischio cardiovascolari;
- Controllo del peso corporeo.
Carico glicemico (CG)
L’indice glicemico, però, non fa riferimento alla quantità di carboidrati contenuti nell’alimento in questione, si basa solo sulla velocità con cui i carboidrati contenuti in quell’alimento possono essere digeriti.
Il carico glicemico è quindi un parametro più completo; si ottiene moltiplicando l’indice glicemico dell’alimento per la quantità di carboidrati contenuti nella determinata porzione e dividendo il risultato per 100.
ALTO CG: ≥ 20
MEDIO CG: 11-19
BASSO CG: ≤ 10
Il carico glicemico è importante soprattutto per alimenti contenenti piccole quantità di carboidrati; essi possono avere un indice glicemico molto alto, ma un carico glicemico basso.
Facciamo un esempio pratico: le carote sono un alimento bandito dalle diete che si basano sull’indice glicemico, in quanto presentano un valore di indice glicemico pari a 90, quindi molto alto (il limite è 100, valore del pane bianco e del saccarosio).
Ma 100g di carote contengono solo 8g di carboidrati, presentando un carico glicemico pari a 7,2, valore molto basso! (90 X 8)/100=7,2
L’indice glicemico assegnato ad ogni alimento è molto variabile, spesso anche di molto in quanto dipende da alcuni fattori:
Varietà: le diverse varietà di un frutto/ortaggio hanno diverso indice glicemico
Maturazione: maggiore è la maturazione, maggiore è l’indice glicemico
Zona di coltivazione: la zona climatica di provenienza può influenzare l’indice glicemico
Raffinazione: cibi raffinati hanno un indice glicemico più alto
Contenuto in fibre: maggiore è il contenuto di fibre, minore è l’indice glicemico
La masticazione: un cibo masticato meno ha un indice glicemico inferiore allo stesso cibo masticato di più
Presenza di proteine e/o grassi: maggiore è la quantità di grassi e/o proteine, minore è l’indice glicemico (il latte intero ha infatti un indice glicemico inferiore del latte scremato)
Per questo motivo, anche il conseguente calcolo del carico glicemico non può considerarsi esatto!
Indice insulinico (II)
Recentemente è emerso un nuovo parametro, l’indice insulinico, il quale misura l’impatto di un cibo direttamente sull’insulinemia e non sulla glicemia.
Questo parametro, da un lato è complementare all’indice glicemico, dall’altro ne rappresenta l’evoluzione, considerato che permette di completare il quadro di ciò che accade dopo l’ingestione di un alimento e di un pasto.
La produzione di insulina (l’ormone della sazietà, rilasciato dal pancreas il cui ruolo più noto è quello di regolare i livelli di glucosio ematico riducendo la glicemia), infatti, non è sempre proporzionale alla risposta glicemica, perché altri fattori sono in grado di stimolare una produzione o un aumento della secrezione dell’ormone.
Proteine e grassi causano un aumento della produzione di insulina, nonostante aumentino i tempi di assimilazione dei carboidrati e si riducano i livelli glicemici. Cibi proteici dal contenuto assente di carboidrati e quindi con IG pari a zero come la carne o il pesce, riescono a stimolare notevolmente l’insulina!
Dato che un alimento è costituito da diverse componenti nutrizionali, l’indice insulinico vuole proprio indicare come la sinergia di tali nutrienti può influenzare il rilascio di insulina.
L’insulina non è quindi stimolata solo dai glucidi, ma l’impatto dei diversi macronutrienti sull’insulinemia è differente, del 95% circa per i carboidrati, del 50% circa per le proteine e del 10% circa per i grassi, e ciò conferma che non sono solo i carboidrati ad incidere sulla produzione insulinica, ma anche proteine in maniera moderata, e grassi in maniera molto blanda, cosa che l’indice glicemico non considera.
Il pasto misto contenente glucidi risulta in assoluto il maggior stimolo sulla secrezione di insulina e quindi sull’iperinsulinemia, determinando un aumento dell’insulinemia pari a circa 5-7 volte rispetto all’ingestione di soli glucidi.
Conclusioni
In sostanza, la cosa più importante da fare è raggiungere la calma insulinica, che significa:
- Associare proteine/carboidrati in proporzione idonea;
- Scegliere cibi a basso carico glicemico;
- Consumare carboidrati integrali e/o ricchi di fibra;
- Ridurre al minimo i cibi industriali raffinati;
- Aumento la sensibilità recettoriale insulinica attraverso una regolare e quotidiana attività fisica;
- Controllare dello stress per evitare un’eccessiva produzione di cortisolo;
- Riduzione del fabbisogno glucidico, disintossicandosi dall’abuso di zuccheri.
Quindi, per chi soffre di sindrome metabolica o di diabete, l’indice glicemico è ad oggi il parametro da prendere maggiormente in considerazione in virtù dei tanti studi dedicati, della sua diffusione nella cultura popolare, per la presenza di tabelle dettagliate da poter utilizzare e per aver constatato che la maggior parte dei cibi hanno una proporzione diretta tra indice glicemico e indice insulinico.
Nelle scelte alimentari quotidiane è quindi importante preferire alimenti che abbiamo un basso indice glicemico, possibilmente anche un basso indice insulinico e che quindi sia il carico glicemico sia quello insulinico siano moderati, in modo tale da non stressare ulteriormente l’organismo.
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