Rabarbaro, un antico rimedio dal potere digestivo: ecco proprietà, come si usa e controindicazioni

Il rabarbaro è una pianta orientale generalmente utilizzata per la preparazione di creme o tisane che offre diversi benefici, soprattutto contro stitichezza e digestione difficile.

Il rabarbaro è una pianta poco conosciuta e raramente utilizzata nella nostra cucina. Essa proviene dalla lontana Cina, ma cresce facilmente anche nel nostro Paese, dove viene coltivata per la preparazione di succhi e per le sue proprietà benefiche. Per l’estrazione dei principi attivi ricchi di benefici si utilizzano soprattutto le radici e la parte sotterranea della pianta, che è caratterizzata da foglie verdi brillanti e da gambi di colore rosa.

Foglie e gambi di rabarbaro sopra un tavolo

Rabarbaro: calorie e proprietà nutrizionali

La pianta del rabarbaro, come abbiamo anticipato, non viene molto utilizzata nelle nostre cucine; tuttalpiù trova impiego nella preparazione di dolci e di liquori. Esso è conosciuto però da moltissimo tempo per le sue proprietà benefiche ed impiegato in erboristeria grazie all’elevato contenuto in tannini.

Dal punto di vista nutrizionale, come tutti gli ortaggi si tratta di un alimento poco calorico, ricco di fibre e di sali minerali: tra i più rappresentati troviamo il potassio e il magnesio, mentre risulta molto scarso l’apporto di sodio. Inoltre il rabarbaro è una fonte molto importante di vitamina K, oltre a contenere tannini e antrachinoni, sostanze responsabili di molti dei benefici di questa pianta. Vi riportiamo nella tabella nutrizionale seguente i valori nutrizionali del rabarbaro (per 100 g di prodotto).

Valori nutrizionali per 100 gr di rabarbaro:
Energia 71 kcal
Proteine 0,81 g
Carboidrati 17,45 g
Fibra 1,6 g
Grassi 0,22 g
Fosforo 13 mg
Potassio 233 mg
Magnesio 11 mg
Calcio 73 mg
Sodio 4 mg
Selenio 1,1 µg
Vitamina K 26,3 µg
Vitamina A 4 µg
Vitamina C 5,7 mg
Folati 4 µg

Rabarbaro: i benefici per la salute

I benefici del rabarbaro sono noti da millenni: esso è una delle piante principali della medicina tradizionale cinese e il suo impiego risale al 270 a.C.. Ciò che conferisce a questa pianta gran parte delle sue proprietà è la presenza di tannini e di alcune molecole dall’effetto antinfiammatorio e lassativo note come antrachinoni.

Tra le proprietà del rabarbaro più conosciute ci sono quella antibatterica, quella antinfiammatoria e quella utile nel contrastare la stitichezza e la digestione difficile. Di seguito analizziamo i maggiori benefici di questa pianta, secondo la più recente letteratura scientifica.

✓ Azione antibatterica

Si conferma la proprietà antibatterica del rabarbaro nei confronti di diversi agenti patogeni tra cui Staphylococcus aureus, Helicobacter Pylori, Escherichia coli e altri. Inoltre, il rabarbaro agisce positivamente anche nei confronti dei biofilm batterici, associati frequentemente ai fenomeni di resistenza antibiotica. Infine, l’assunzione di rabarbaro si è mostrata utile anche nel riequilibrare la flora batterica intestinale, oggi correlata a moltissime condizioni e patologie [1]. Per scoprire altre piante con questo effetto, vi consigliamo di leggere il nostro approfondimento: Antibatterici naturali: quali sono e perché aiutano.

✓ Digestivo e utile per la regolarità intestinale

Questa proprietà del rabarbaro è forse la più conosciuta: viene infatti largamente impiegato per migliorare la digestione e favorire la regolarità intestinale. Alcune componenti del rabarbaro, infatti, hanno un effetto lassativo che permette di migliorare la motilità dell’intestino, favorendone la contrazione. Anche il già citato ruolo del rabarbaro sull’equilibrio della flora intestinale influenza positivamente il benessere intestinale. Se assunto nelle giuste quantità, quindi, il rabarbaro risulta un utile rimedio contro la stitichezza. A tal proposito è interessante notare che, sebbene gli antrachinoni siano caratterizzati da un effetto lassativo piuttosto marcato, nel rabarbaro sono presenti anche tannini che, svolgendo attività opposta, mitigano questo effetto e conferiscono al rabarbaro un effetto lassativo meno intenso rispetto ad altre piante definite “antrachinoniche” (come ad esempio il succo di aloe vera).

✓ Azione antinfiammatoria

Il rabarbaro contiene diverse sostanze che esplicano un importante effetto antinfiammatorio a livello cellulare. Tra queste, le più studiate sono la raponticina e l’aglicone rapontigenina, oltre all’emodina e al crisofanolo. Queste molecole conferiscono al rabarbaro la capacità di agire positivamente nei confronti delle malattie infiammatorie, favorendo il recupero e migliorandone così la guarigione. Per approfondire questo argomento vi consigliamo di leggere: 10 antinfiammatori naturali: quali sono e come si usano.

✓ Contributo alla prevenzione oncologica

Il rabarbaro sembra esercitare un’azione protettiva nei confronti di diverse patologie oncologiche. La già citata emodina, infatti, ha effetto sull’inibizione della crescita delle cellule tumorali, sulla stimolazione della morte cellulare e sulla prevenzione delle metastasi. Non è, inoltre, l’unica molecola dotata di proprietà simili: diversi antrachinoni hanno mostrato proprietà analoghe. Inoltre, l’utilizzo della pianta sembra aumentare la sensibilità e, di conseguenza l’efficacia, delle più comuni terapie mediche come la chemioterapia e la radioterapia [2].

✓ Azione di neuroprotezione

Come abbiamo visto, il rabarbaro contiene diversi antrachinoni, sostanze dall’effetto antiossidante e antinfiammatorio. Secondo alcuni studi effettuati sia in vitro e sia in vivo, sono proprio queste molecole a conferire al rabarbaro un’attività neuroprotettiva e utile nel migliorare l’attività cerebrale e motoria [3].

Che gusto ha il rabarbaro?

Il gusto del rabarbaro è mediamente acidulo; ciò lo rende un ottimo alleato nelle ricette che prevedono delle preparazioni agrodolci, ma non tutte le piante sono uguali. Quelle con il gambo più rosso hanno un sapore mediamente più dolce, nonostante il loro retrogusto rimanga acido. Inoltre, il gusto del rabarbaro risulta tanto più intenso quanto più è fresca la pianta.

Quanto rabarbaro si può mangiare al giorno?

Solitamente il rabarbaro viene consumato in modiche quantità perché, come vedremo nel prossimo paragrafo, nella maggior parte dei casi non sostituisce la porzione di verdura. Questo non è un divieto assoluto al suo consumo: potrete utilizzarne fino a 200 g come ortaggio di contorno al vostro pasto, tenendo in considerazione che questa pianta ha proprietà lassative, se assunta in certe quantità.

Rabarbaro: come si mangia e idee per usarlo in cucina

La parte del rabarbaro che può essere utilizzata in cucina è la parte delle coste. Per poterlo dunque utilizzare è necessario eliminare accuratamente le foglie, di cui si sconsiglia il consumo per via dell’elevato contenuto in acido ossalico, e di mantenere le coste, che andremo a lavare accuratamente.

Il rabarbaro si usa principalmente per la preparazione di marmellate o di salse di accompagnamento: il suo sapore acidulo ben si sposa con i formaggi e risulta di fatto un ottimo abbinamento, che permette di aumentare le proprietà nutrizionali di un pasto a base di formaggi.

Nessuno ci vieta, tuttavia, di consumarlo come ortaggio principale del nostro pasto: si comporta analogamente a quanto fa il sedano, che viene solitamente usato solo in aggiunta ad alcune preparazioni, ma che può essere consumato da solo, laddove dovesse piacervi il sapore.

Per la cottura del rabarbaro potete scegliere il metodo che più vi aggrada: è possibile cuocerlo in forno, prevedendo una cottura di circa 20 minuti a 180-200°C, in padella brasato per una decina di minuti (ed eventualmente frullato), bollito o al vapore per pochi minuti.

Un altro abbinamento, molto gradito in Paesi orientali dove il rabarbaro si mangia più comunemente, è quello con la carne di maiale o il salmone: carni dal gusto dolce, che aumentano di personalità se accompagnate a una salsa dal gusto acre.

Rabarbaro in erboristeria: a cosa serve e come si usa

In campo erboristico la parte che viene maggiormente utilizzata è la radice di rabarbaro, che contiene inalterate la maggior parte delle molecole benefiche. Si può usare il rabarbaro essiccato e sotto forma di tisana e può essere impiegato sia per migliorare la digestione, sia come aiuto in caso di stipsi. Un altra modalità di assunzione del rabarbaro è l’estratto, che viene talvolta impiegato anche nel trattamento dell’herpes labiale.

Tisana al rabarbaro: ricetta e benefici

Per la preparazione della tisana al rabarbaro sono necessari un cucchiaio di radici e rizoma essiccato a pezzi (circa 10 gr) e una tazza di acqua bollente. Si consiglia di lasciare bollire per 2 o 3 minuti le radici, quindi spegnere il fuoco e lasciare in infusione per una decina di minuti, prima di filtrare e bere l’infuso ancora caldo. È possibile consumare una tazza al giorno, preferibilmente dopo i pasti, per ottenere un aiuto nei confronti della digestione.

Laddove abbiate bisogno di un effetto lassativo il quantitativo di rabarbaro da assumere potrebbe essere maggiore, ma in questo caso vi consigliamo prima di interfacciarvi con il vostro medico di base o con l’erborista di fiducia.

Rabarbaro: le possibili controindicazioni

Vi descriviamo in questo breve paragrafo le controindicazioni del rabarbaro: innanzitutto vi suggeriamo, laddove assumiate farmaci, di chiedere sempre un parere al vostro medico di fiducia in quanto questa pianta interferisce con i principi attivi di diversi farmaci di uso comune, tra cui i diuretici e gli antiaritmici. Aldilà di queste interazioni non sono stati riportati effetti collaterali, ma l’utilizzo eccessivo di rabarbaro potrebbe provocare disturbi intestinali e aggravare una condizione di diarrea.

Come abbiamo anticipato sopra, inoltre, le foglie di rabarbaro possono risultare tossiche per via dell’elevato contenuto di acido ossalico. Per lo stesso motivo, è bene valutare col proprio medico la possibilità di usare il rabarbaro in caso di problematiche renali.

Inoltre, visto l’effetto lassativo che esercita a livello intestinale, aumentando la motilità delle cellule dell’intestino, se ne sconsiglia l’utilizzo in caso di malattie infiammatorie intestinali, tra cui il morbo di Crohn, la rettocolite ulcerosa, ma anche la sindrome del colon irritabile. Infine, è stato recentemente sconsigliato durante l’allattamento per gli effetti catartici che potrebbe avere sul neonato [4].

Qual è la stagione del rabarbaro?

Il periodo del rabarbaro varia dalla primavera fino all’autunno: si può quindi cogliere, dal secondo o terzo anno di coltivazione a partire da aprile e fino ai primi freddi. Solitamente si sospendo il raccolto durante la stagione più calda, al fine di non stressare eccessivamente la pianta.

Rabarbaro: dove si compra

Il rabarbaro si compra in tisana o estratti presso molte erboristerie fisiche oppure online; risulta invece più complesso l’acquisto della pianta fresca. Se siete interessati ad acquistare il rabarbaro appena colto vi invitiamo a cercare contadini nella vostra zona o a valutare un acquisto online.

Dott.ssa Stefania Cocolo

Biologa nutrizionista laureata in Biotecnologie molecolari e bioinformatica presso l’Università degli studi di Milano. Ha conseguito la specializzazione in Biotecnologie industriali e ambientali presso l’Università degli studi di Milano.

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