Trigliceridi bassi: cosa significa? Ecco cause, sintomi, conseguenze e rimedi
Valori di trigliceridi molto bassi possono avere diverse cause, non sempre legate a problematiche preoccupanti. Scopri perché i trigliceridi possono essere bassi e cosa fare per alzarli.
- Quando i trigliceridi sono considerati bassi?
- Trigliceridi bassi: le cause
- Trigliceridi bassi: sintomi
- Trigliceridi bassi: le possibili conseguenze
- Trigliceridi bassi: la dieta corretta
- Trigliceridi bassi: consigli utili
I trigliceridi sono molecole lipidiche composte da una molecola di glicerolo legata a tre molecole di acidi grassi (FA). Sulla base della loro struttura chimica, i trigliceridi si definiscono come apolari, dunque insolubili in ambiente acquoso.
Questa tipologia di lipidi viene stipata all’interno delle cellule che compongono il tessuto adiposo e rappresenta la principale riserva di energia dell’organismo umano. Il traffico di trigliceridi all’interno di tessuti specifici, quali il fegato, il tessuto muscolare e il tessuto adiposo, dipende, essenzialmente, dallo stato nutrizionale del soggetto. [1]
Il livello ematico di trigliceridi aumenta in funzione di un eccessivo introito di grassi alimentari, carboidrati e alcol, dal momento che tutte queste sostanze possono essere convertite in trigliceridi a livello epatico. I trigliceridi circolanti possono essere monitorati attraverso semplici esami del sangue.
Nei paragrafi seguenti, verranno considerati i valori di riferimento relativi ai livelli di trigliceridi ematici, focalizzando l’attenzione, nello specifico, sui valori più bassi della norma. Verranno inoltre prese in esame le cause dei trigliceridi bassi, così come i relativi sintomi e le possibili conseguenze in termini di salute. Nella parte finale, seguiranno delle considerazioni di carattere nutrizionale e nutraceutico, finalizzate alla gestione di tali valori.
Quando i trigliceridi sono considerati bassi?
I livelli di trigliceridi nel sangue rientrano tra i parametri di laboratorio maggiormente richiesti, prestandosi in modo eccellente ad alcune considerazioni di carattere clinico. Più nello specifico, i valori ematici dei trigliceridi sono rilevanti nella valutazione del rischio cardiovascolare [2] e, per tale scopo, vengono talvolta associati ai livelli di colesterolo, anch’essi estremamente importanti nella definizione di tale rischio.
Il paziente che effettua le analisi cliniche può infatti imbattersi in valori di trigliceridi bassi e colesterolo alto, oppure in livelli di trigliceridi e colesterolo bassi, rispettivamente. Il significato dei valori varierà, ad ogni modo, da caso a caso.
In maniera del tutto intuibile, per i trigliceridi esistono dei valori di riferimento ben definiti, i quali si distribuiscono su diversi intervalli di concentrazione. In particolare, per gli individui adulti, i valori normali di trigliceridi ematici si collocano al di sotto di 150 mg/dL; valori borderline si collocano, invece, tra 150 e 199 mg/dL, mentre i valori alti rientrano tra 200 e 499 mg/dL. Infine, valori molto alti superano la concentrazione di 500 mg/dL.
Fermo restando che i valori di trigliceridi ematici inferiori alla soglia di 150 mg/dL siano da considerarsi fisiologici e ideali ai fini della salute del soggetto, valori molto al di sotto di tale concentrazione, e collocabili intorno a 30 – 40 mg/dL, potrebbero essere suggestivi di alcune condizioni patologiche (e non solo). Tale aspetto verrà approfondito successivamente.
Per la stima dei valori ematici di trigliceridi, è previsto un semplice prelievo di sangue venoso, da effettuarsi a digiuno. Pur essendo i valori di riferimento ben definiti, potrebbero esserci delle differenze trascurabili tra un laboratorio diagnostico e l’altro. Ma cosa può portare ad avere un livello troppo basso di trigliceridi nel sangue? Vediamo di seguito tutte le possibili cause.
Perché i trigliceridi possono essere eccessivamente bassi?
Cosa significa avere i trigliceridi bassi? Avere trigliceridi troppo bassi non fa bene? Per rispondere a queste domande, occorre partire da una definizione quantitativa. Nel paragrafo precedente sono stati descritti i livelli fisiologici dei trigliceridi ematici, facendo accenno ai valori ben al di sotto della concentrazione di 150 mg/dL.
Tale condizione è nota, in termini tecnici, come ipotrigliceridemia, e può associarsi a vari fattori scatenanti. Nello specifico, le cause all’origine di valori di questo tipo possono essere di diversa natura, e può risultare utile raggrupparli, ai fini di una più semplice comprensione, in fattori nutrizionali, patologici, farmacologici e comportamentali. Fatta questa breve premessa, verranno adesso considerate, punto per punto, le possibili cause dei trigliceridi bassi, introducendo alcuni dettagli aggiuntivi in merito.
✓ Fattori nutrizionali
Valori eccessivamente bassi di trigliceridi ematici possono essere provocati da un apporto non adeguato, e dunque scarso, di grassi alimentari e carboidrati, e/o da malnutrizione complessiva. Ai fini del mantenimento dei valori fisiologici di trigliceridi, così come dello stato di salute generale, è infatti importante attenersi al corretto introito giornaliero degli alimenti, sia in termini energetici, sia in termini di un adeguato bilanciamento dei macronutrienti. Per approfondire questo aspetto, vi invitiamo a leggere il nostro articolo: Grassi, carboidrati e proteine: quanti mangiarne per mantenere il peso forma e la salute.
✓ Fattori patologici
Alla base della ipotrigliceridemia possono esservi diverse cause patologiche. Tale alterazione nei valori in questione può essere infatti legata alla presenza della malattia celiachia e, in senso più ampio, alle condizioni che determinano un malassorbimento intestinale. Anche una ghiandola tiroidea eccessivamente funzionante, e dunque interessata da ipertiroidismo, può determinare la condizione di ipotrigliceridemia. Allo stesso modo, valori molto bassi di trigliceridi ematici possono correlarsi a problematiche a carico del fegato, così come a disordini di carattere metabolico basati sulla genetica del soggetto.
✓ Fattori farmacologici
La condizione di ipotrigliceridemia è stata inoltre associata ad alcune terapie farmacologiche e, più in generale, all’assunzione di determinate sostanze. Tra queste terapie, rientrano i trattamenti finalizzati al controllo dei lipidi ematici, basati sull’utilizzo delle statine [3], dei fibrati e dell’acido nicotinico (vitamina B3). [4] Anche l’integrazione eccessiva con acido ascorbico (vitamina C) può sortire tale effetto sui livelli di trigliceridi ematici, [5] così come è stato riscontrato, inoltre, per l’assunzione non corretta di acidi grassi della serie Omega-3 [6] e di componenti prebiotici.
✓ Fattori comportamentali
Al di là dei fattori già considerati, anche i livelli di attività fisica possono incidere sui livelli di trigliceridi ematici. In particolare, un’attività sportiva intensa e frequente può correlarsi a valori di trigliceridi più bassi della media, pur restando, questi ultimi, negli intervalli ritenuti fisiologici. Un’attività fisica eccessiva, collegata alle condizioni soggettive della persona, può invece associarsi a ipotrigliceridemia e configurarsi come superallenamento.
Trigliceridi bassi: quali sono i sintomi?
Come accade per tanti altri parametri ematici, è molto comune chiedersi quali siano i sintomi dei trigliceridi molto bassi. Sebbene la condizione di ipotrigliceridemia possa essere, spesso, asintomatica, essa può talvolta accompagnarsi ad alcuni disturbi di carattere gastrointestinale (gonfiore, diarrea, crampi).
In presenza delle condizioni patologiche accennate nel paragrafo precedente, e associate talvolta a valori molto bassi di trigliceridi ematici, la presenza potenziale dei sintomi varia a seconda della patologia in esame, correlandosi strettamente ad essa e non dipendendo, quindi, dal fatto che i trigliceridi siano bassi.
Trigliceridi bassi: le possibili conseguenze
Nell’individuo interessato da ipotrigliceridemia e che, contestualmente ad evidenze cliniche, risulti non affetto da patologie specifiche, l’alterazione per difetto del parametro considerato non rappresenta un particolare problema per la salute. Tra l’altro, le analisi di laboratorio che si caratterizzino per valori di trigliceridi molto bassi potrebbero normalizzarsi in un periodo più o meno breve a seconda del tipo di alimentazione e/o del grado di attività fisica, rivelando una ipotrigliceridemia soltanto transitoria.
In altri casi, livelli di trigliceridi troppo bassi possono costituire un campanello di allarme, derivando, potenzialmente, dalle patologie menzionate in precedenza e non ancora diagnosticate. A tal proposito, è importante procedere a controlli clinici approfonditi, al fine di individuare e trattare correttamente la base patologica.
Trigliceridi bassi: cosa mangiare?
Una volta introdotte delle considerazioni teoriche circa lo stato di salute generale e le conseguenze dei trigliceridi bassi, è il momento di prendere in esame gli aspetti nutrizionali legati a questo argomento.
A tal proposito, può essere utile entrare nel merito dell’alimentazione giornaliera, considerando le diverse tipologie di alimenti, sia in termini quantitativi che qualitativi. I soggetti sani, e dunque non affetti da patologie particolari, possono infatti fare esperienza di una ipotrigliceridemia transitoria che, in genere, risulta compensabile con una corretta alimentazione protratta nel tempo.
Da un punto di vista quantitativo, è prima di tutto fondamentale tenere conto del fabbisogno energetico soggettivo, puntando ad una alimentazione che possa coprire adeguatamente l’apporto calorico stimato per il singolo individuo. In secondo luogo, è importante che le calorie giornaliere vengano correttamente distribuite tra i pasti, bilanciando i macronutrienti nelle giuste proporzioni.
Sebbene esistano svariate strategie nutrizionali, un approccio classico per la popolazione generale prevede un apporto calorico simile per i tre pasti principali della giornata, sebbene lievemente più elevato per il pranzo, e decisamente più bassi per i due spuntini di metà mattina e metà pomeriggio.
Nel contesto, soprattutto, dei pasti principali, è buona norma riservare ai carboidrati tra il 45 e il 60% delle calorie totali, e ai grassi una frazione compresa tra il 20 e il 35 % di tali calorie, privilegiando per la quasi totalità i grassi insaturi (i cosiddetti “grassi buoni”). Per ottenere un pasto completo e bilanciato, queste percentuali andranno ad associarsi ad una frazione proteica situata tra il 12 e il 15% del quantitativo calorico totale. Una ripartizione di questo tipo, contestualmente ad un introito calorico appropriato, è compatibile con il ripristino dei valori fisiologici di trigliceridi ematici.
Cosa mangiare in caso di ipotrigliceridemia? Relativamente al tipo di alimentazione, è sempre opportuno che la “quantità” vada ad associarsi, nel modo corretto, alla “qualità” dei cibi scelti ogni giorno, tenendo conto delle preferenze personali e di eventuali allergie o intolleranze. Il ripristino dei valori ematici normali, per quanto concerne i livelli di trigliceridi, non prescinde da quella che è l’alimentazione solitamente consigliata ai fini del benessere generale.
In relazione a questo, è dunque consigliabile ricorrere a fonti di carboidrati complessi, optando per cereali integrali, pseudocereali e legumi. L’apporto di zuccheri semplici non dovrebbe invece superare il 15% delle kcal giornaliere totali, derivando preferibilmente dalla frutta di stagione.
La copertura della frazione proteica dovrebbe basarsi sul consumo di fonti di origine vegetale, come i legumi, la frutta secca a guscio e i semi oleosi, così come di fonti di origine animale, come i pesci magri e le carni bianche. Con moderazione, è possibile consumare anche uova e formaggi freschi.
Per quanto riguarda il ricavo della frazione lipidica, è buona norma ricorrere a grassi vegetali da condimento, come l’olio extravergine di oliva a crudo. Ai fini di una alimentazione completa in termini di micronutrienti, è importante completare il pasto con la giusta porzione di verdure, preferibilmente di stagione, alternandone le diverse tipologie nel corso della settimana.
Gli alimenti da evitare o ridurre, anche in caso di trigliceridi bassi, comprendono quelli solitamente sconsigliati nell’ambito di una alimentazione sana. A tal proposito, sarebbe opportuno ridurre il consumo di cibi grassi e di insaccati, così come di alimenti industriali, di bevande zuccherate e di dolciumi.
Appare dunque evidente che gli alimenti consigliati e/o sconsigliati in caso di ipotrigliceridemia siano essenzialmente gli stessi di quelli raccomandati in caso di trigliceridi alti. In generale, e come già ribadito, un’alimentazione correttamente adattata alle esigenze nutrizionali del singolo individuo contribuisce, in entrambi i casi, alla normalizzazione dei valori.
Per quanto riguarda l’ipotrigliceridemia che può verosimilmente accompagnarsi alla malnutrizione o alle condizioni patologiche riportate in precedenza, gli approcci nutrizionali possono variare da persona a persona, richiedendo, talvolta il supporto medico. Inoltre, in caso di celiachia, la dietà sarà chiaramente priva di glutine. Per approfondimenti su questo argomento vi invitiamo a leggere il nostro articolo: Consigli per una dieta senza glutine.
Cosa fare per alzare i trigliceridi troppo bassi
Una volta considerata l’alimentazione da seguire in caso di trigliceridi bassi nel soggetto non interessato da patologie, è il caso di introdurre alcune considerazioni in merito all’eventuale utilizzo di integratori.
A tal proposito, il ripristino di un regime alimentare adeguato, finalizzato alla normalizzazione del parametro ematico in esame e al potenziamento del benessere complessivo, può essere coadiuvato dall’assunzione di integratori apportanti vitamine e sali minerali. Più nello specifico, è utile prediligere dei multivitaminici completi e ben proporzionati, apportanti la giusta dose di vitamine liposolubili (vitamine A, D, E, K). In tal caso, è opportuno chiedere al medico o al farmacista quale può essere il più indicato in base alla condizione soggettiva del singolo individuo.
Al contrario, in caso di ipotrigliceridemia è buona norma interrompere l’assunzione di integratori contenenti sostanze in grado di abbassare i livelli di trigliceridi. A tal proposito, è molto facile constatare, anche attraverso i media e le pubblicità dedicate ai prodotti nutraceutici, un’associazione costante tra trigliceridi bassi e Omega-3. In caso di valori già bassi contestualmente al consumo di integratori a base di questi acidi grassi, è opportuno sospendere tale assunzione. In generale, è buona norma sottoporre l’assunzione di integratori o, al contrario, la relativa interruzione, al medico curante.